18 ott 2009

Le mirabolanti capacità degli uomini primitivi.

Da un articolo del La Stampa sono venuto a conoscenza del libro "Manthropology" scritto dall'Antropologo Peter McAllister . La notizia è riportata anche Routers qua.
La tesi del libro, che per ora non ho avuto modo di leggere direttamente , come è riportata dall'articolista è suggestiva: "Le capacità fisiche dei moderni atleti modernu sono poca cosa se rapportate a quello che gli uomini primitivi erano in grado di fare".
Il libro cita infatti il ritrovamento di alcune orme lasciate nel fango da alcuni aborigeni australiani circa 20.000 anni fa, per dimostrare come questi fossero in grado di correre velocemente almeno quanto il primatista mondiale Usain Bolt.
Il libro trova e porta altre prove a suffragare l'ipotesi dell'inedeguatezza fisica dell'uomo moderno.
Per esempio, che i giovani Tutsi erano in grado di saltare altezze superiori all'attuale record mondiale di salto in alto. Testimonianze fotografiche del secolo ventesimo, sono li adimostrarlo.
Per i Tutsi, ogni giovane doveva essere in grado di saltare almeno la propria altezza. Per questo si esercitavano continuamente. E a posteriore direi che i risultati si vedevano.
Fin qua niente di nuovo, è pensiero comune, il fatto di ritenere che le moderne tecniche di allenamento siano in grado di permettere l'espressione dei migliori record umani.
Abbiamo quindi semplicemente un libro controcorrente. Il libro per essere provocatorio la butta anche sul sessista, parla quindi di decadenza del maschio moderno
In realtà questa idea, della decadenza del genere umano, non è esattamente un'idea nuova.
Se ne trova traccia nell'Eneide per esempio (Eneide Libro XII, trad. Annibal Caro)

....si vide un sasso, un sasso antico e grande
ch'ivi a sorte per limite era posto a spartir campi e tôr lite a' vicini.
Era sí smisurat o e di tal peso,
che dodici di quei ch'oggi produce
il secol nostro, e de' piú forti ancora,
non l'avrebbon di terra alzato a pena....


Enea qua solleva un masso che neanche dodici uomini contemporanei (dell'epoca romana) sarebbero stati in grado di sollevare. E' evidente il punto di vista del Poeta.
In una concezione del mondo neoplatonica, puo' sembrare naturale pensare che lo spirito, l'energia, del creatore "imperfetto" possa andare ad esaurirsi col passare del tempo.
Immagino che i più, specialmente coloro i quali hanno fiducia nelle sorti magnifiche e progressive del genere umano, potrebbero scandalizzarsi alle tesi dell'antropologo Australiano.
Anche quelli che non comprendono il pensiero di Darwin, mescolando cose tra loro appartenenti a categorie arbitrarie quali progresso ed evoluzione, potrebbero ugualmente non comprendere.
Se così fosse, direi che queste persone sottovalutano la capacità proteica e di adattabilità esprimibili dai nostri geni.
Mi spiego meglio, si dice che e il50% delle capacità di un atleta siano legate alle tecniche di allenamento, mentre l'altro 50% alla sua genetica.
Il concetto è che difficilmento una tecnica di allenamento potrà competere con il pool genetico di un gruppo umano sottoposto ad una costante pressione evolutiva.
Sei un Tutsi e non riesci a saltare almeno la tua altezza? Non potrai avere figli. Se alterai tanto in alto invece avrai una prole numerosa.
Sei un aborigeno e non riesci a correre i 100 mt in 10 secondi? Non riuscirari a prendere alcuna gazzella e finirai per morire di fame. Se invece acchiapparei le gazzelle proabilmente avrai una prole numerosa. E di questa prole un bel po' saranno pure corridori veloci, alcuni, per via degli incroci, probabilmente piu' veloci di te.
Chiaro no il meccanismo? Con una pressione selettiva adeguata qualunque vantaggio evolutivo diventa estremo dopo poche generazioni, fino a selezionare delle popolazioni che hanno pochi tratti superumani.
E' evidente che utilizzare l'eugenetica, non è un'alternativa percorribile per le moderne società. Almeno per quasi tutte.
Oltre a questo l'uomo moderno primeggia in una serie sterminata di sport, dal nuoto, alla corsa, alla maratona, alla ginnastica a corpo libero ai pesi. E l'inceremento dei record è un fatto incontrovertibile, da qualche centinaio di anni a questa parte. Ben prima dell'età industriale.
Quindi l'opera del nostro antropologo australiano è solo li a dimostrare che comparando pere e mele è possibile dimostrare qualunque tesi.
In ogni caso, anche se non composte da super-uomini, le popolazioni tribali hanno sempre qualche cosa da insegnarci. Pensiamo per esempio alla tecnica di messa a fuoco subaquea utilizzata dai pescatori di perle. Non si tratta di un adattamento genetico, bensì di un tratto culturale. Anche gli occidentali, se addestrati correttamente, possono imparare a mettere gli oggetti a fuoco sott'acqua senza alcun bisogno di occhiali e lenti.
D'altra parte è evidente che l'uomo moderno potrà prendersi la rivincita sui propri predecessori, selezonati geneticamente dall'ambiente, solo quando le tecniche di ingegneria genetica permetteranno in modo incruento di scegliere i pool genetici ottimali per certi sport.
Ma con quale spirito gareggeremo allora?