Ho bisogno di raccontare un ricordo che continua a venire a galla proprio in questi giorni, complice un prossimo viaggio.
So che se non lo proverò a definirlo cercando di descriverlo, continuerà a ronzarmi in testa come un qualcosa di mal digerito.
Inverno del 2000, Novembre forse, saranno state le 10 di sera.
Il luogo in se non era un granché. Abbiamo parcheggiato l'auto e siamo scesi a piedi, arrivando sotto il pilone del ponte.
I piedi piantati sul misto di sabbia e terra, un piccolo cumulo di rifiuti più avanti, il posto non aveva niente di speciale. Me lo ero immaginato molte volte, ma essere li per li non mi dette nessuna sensazione particolare. La terra mista a sabbia, il mare, il litorale sporco. Complessivamente era qualcosa di "già visto".
La nebbiolina formava piccoli banchi sull'acqua, a destra l'oceano aperto faceva presagire un'immensa oscurità notturna.
La campata del ponte, alta sopra la vecchia piazzaforte spagnola, andava a congiungersi all'altra sponda dello stretto, quasi due chilometri più in la.
A destra, le luci della città, stesa sulle colline, circondavano la baia. E in mezzo la luce di un piccolo faro, basso sull'acqua, lontano, che come fanno tutti i fari, si accendeva e spegneva ad intermittenza.
Ancora più a destra, il Bay Bridge, sembrava una ferrovia natalizia sospesa. Diritto, trafficato e illuminato.
Eccola qua. Era Novembre, avrebbe dovuto essere un po' più freddino. Dal basso saliva un odore di mare misto a nebbia.
Navi da carico, passavano pigre sotto la campata del ponte, in un lampeggiare di luci di segnalazione.
A vederlo così sarebbe anche sembrato un qualunque mare di una qualunque città ligure o toscana. Invece questa qua, era la campata del Golden Gate Bridge e quella luce la, era l'isola di Alcatraz.
Si, Alcatraz, proprio quella li. Quella dei film sulla la detenzione, le fughe, la redenzione degli ergastolani e poi Al Capone e Machinegun Kelly, che qua ci sono stati sul serio.
Un posto che sembra fatto e creato per rendere più realistiche le sceneggiature.
L'isola, circondata da correnti impetuose e voraci squali bianchi, là , una lucina in mezzo alla baia, piccola rispetto a questo ponte gargantuesco.
Ed è in quel momento ho sentito come al mondo ci siano posti più speciali di altri. Posti dove è più semplice immaginare che il reale, il passato, l'immaginario e il futuro si fondano in un'unica enorme trama. E che in questa trama ci siano ancora pezzi da aggiungere e immaginare.
E tutto qua e ora.
Ho pensato, per un attimo. che sarei potuto rimanere li, magari a consegnare pizze su e giù per le colline di questa città.
Iniziare così, per iniziare, per poter poter subito rimanere. Poi la Green Card e chissà forse un lavoro serio da queste parti. E poi, sistemarsi e riuscire a far parte di tutto questo.
Nel luogo dell'immaginario, in cui c'è spazio per tutti e tutto è concretamente possibile, non è difficile immaginare tutto questo.
E questa è la forza degli USA per quanto sia appannata e indebolita la loro immagine, per quanto sia in crisi il modello e la loro economia, non c'è ancora niente al mondo in grado di esercitare questa suggestione.
Non c'è e non ci sarà per un bel pò di tempo.
Ho trovato una foto su Flickr che ritrae il ponte QUASI dal punto di vista che avevo quella notte. Eravamo solo molto più vicini al vecchio forte, quella costruzione verdognola in basso a sinistra. Thanks to Hyku.
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